Apprendistato e circolare dell’Inps.
L’Inps ha emanato la circolare 108/2018 con cui ha chiarito il trattamento di due profili contributivi in merito ai contratti di apprendistato.
L’Inps ha emanato la circolare 108/2018 con cui ha chiarito il trattamento di due profili contributivi in merito ai contratti di apprendistato.
Il primo luglio scorso è entrato in vigore il divieto secondo cui i datori di lavoro non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato (art.1 comma 911 Legge di Bilancio 2018).
Il Tribunale di Roma ha escluso dalle tutele crescenti i contratti a termine insorti ante 7 marzo 2015 e successivamente trasformati a tempo indeterminato.
L’Inps ha pubblicato sul suo sito un chiarimento circa il codice E utilizzabile nei certificati di malattia.
Il repêchage è il ripescaggio con cui il datore di lavoro, prima di adottare un licenziamento per ragioni inerenti l’attività produttiva, dovrà necessariamente verificare se sia possibile ricollocare il lavoratore in altre attività.
Il Jobs Act prevede che le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro siano fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche. Esclusivamente, dunque.
Il Ministero del Lavoro, attraverso la commissione per gli interpelli, si è espresso in merito alla possibilità per i datori di lavoro di organizzare corsi di formazione sulla sicurezza, sia in modalità frontale che in modalità e-learning.
Le tutele crescenti, e il Jobs Act poi, hanno fortemente limitato la sanzione della reintegrazione nel posto di lavoro nei licenziamenti economici e, in parte, in quelli disciplinari.
Capita sovente che al lavoratore venga richiesto il certificato dei carichi pendenti. Partendo dalle norme in vigore, ci si accorge subito che i dati giudiziari sono dati sulla persona del lavoratore particolarmente tutelati.
La conversione del Decreto Dignità ha voluto mantenere la misura per l’occupazione giovanile, già introdotta dalla Legge di Bilancio 2018.
Whatsapp è, al momento, l’applicazione di messaggistica più diffusa. Non sorprende, quindi, che stia dando vita ad una visione moderna del diritto.
Le Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese, il cosiddetto Decreto Dignità, è entrato in vigore il 14 luglio scorso.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha emanato una circolare per fornire chiarimenti in merito alla sentenza di incostituzionalità della Corte Costituzionale 153/2014 per le sanzioni in materia di lavoro.
Il cinque luglio scorso la Corte di Cassazione ha emanato l’ordinanza 17685 per confermare la legittimità di un licenziamento disciplinare per scarso rendimento.
La ratio del lavoro a tempo parziale, in coerenza con la Direttiva Comunitaria 81/1997, risiede nella conciliazione vita – lavoro. Con la crisi, questa modalità di contratto è stata spesso scelta in maniera difensiva, per evitare di risolvere rapporti di lavoro.
La legge di Bilancio 2015 aveva previsto, in via sperimentale, il TFR in busta paga. Vi potevano accedere i lavoratori del settore privato, ad eccezione dei lavoratori domestici e di quelli agricoli, che avessero avuto un rapporto in essere da almeno 6 mesi presso la stessa azienda.
Dal primo luglio prossimo sarà in vigore il divieto di pagamento delle retribuzioni in contanti. I soggetti interessati sono tutti i lavoratori ad eccezione dei dipendenti pubblici e dei lavoratori colf/badanti.
Il Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine, Marina Calderone, ha reso noti gli argomenti trattati al tavolo tecnico del 18 aprile scorso. Sono stati tanti e tante le novità, più o meno condivise. Quelle più importanti riguardano il DURC e gli ANF.
La Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire la natura dell’aliquota contributiva prevista per l’apprendistato. Non è uno sgravio e non rientra nelle misure di fiscalizzazione degli oneri sociali. Gli sgravi sono dettati da scelte politico economiche di carattere contingente. Si pensi, ad esempio, all’incentivo Giovani volto a favorire l’occupazione di una certa fascia di lavoratori. Nel caso dell’apprendistato il carattere della contingenza non sussiste e la riduzione dell’aliquota è una regola, posto il rispetto dei requisiti nonché degli adempimenti correlati.
Va ricordato, infatti, che il mancato assolvimento degli obblighi previsti dal contratto di apprendistato, in primis la formazione, fa decadere il beneficio dell’aliquota ridotta oltre che il recupero di quanto goduto. Sono, inoltre, previste sanzioni severe per evitare che un contratto utile all’addestramento venga utilizzato per eludere l’obbligo contributivo pieno.
Il prossimo 25 maggio entrerà in vigore la normativa europea in materia di protezione dei dati personali. La Fondazione Studi è intervenuta per chiarire alcuni punti.
La somministrazione, l’appalto, il distacco, la subfornitura sono tutti strumenti che l’ordinamento garantisce per una maggiore flessibilità, ma debbono essere usati in maniera appropriata e soprattutto non per inquinare la concorrenza tra imprese e danneggiare i lavoratori.
La Sezione Lavoro della Cassazione, ritenuto che la giusta causa di licenziamento costituisca nozione legale, ha stabilito con propria sentenza che le fattispecie previste hanno carattere esemplificativo e non sono vincolanti. Il Giudice, dunque, può non ravvisare una giusta causa di licenziamento nonostante il contratto collettivo faccia corrispondere ad un preciso comportamento l’azione rescissoria del datore di lavoro senza preavviso. Per contro, può invece inferirla quando riconosca una grave condotta del lavoratore, contraria all’etica comune e al vivere civile, pur mancando la previsione del CCNL. La giusta causa, dunque, è una nozione legale soggetta alla valutazione del giudice. Il caso da cui è scaturito l’anzidetto principio è di un capotreno licenziato in tronco per non aver svolto il servizio di controllo biglietti e di assistenza alla clientela a bordo della vettura, trattenendosi invece in cabina col macchinista. Nei primi due gradi era stato confermato il licenziamento, sul presupposto che la proporzionalità prevista dal contratto collettivo fosse stata invocata e addotta tardivamente. Gli Ermellini hanno rigettato il presupposto, osservando che i rilievi sulla sproporzione altro non è che difesa ovvero azione deducibile in ogni grado di giudizio senza alcun limite temporale. Rispetto alla valutazione del Giudice, prevale il contratto collettivo solo se più favorevole al lavoratore.
L’identità virtuale, per chi ne fa uso, viene sempre più a sovrapporsi a quella reale con una risonanza per certi versi maggiore, visti i destinatari raggiungibili. Sempre più spesso l’utilizzo dei social e il loro contenuto viene discusso nella aule dei tribunali. Un semplice post, infatti, può risultare dannoso o ingiurioso e neppure il diritto di critica può salvaguardare da conseguenze, quando si tratta di lavoro. La questione è ancora molto confusa e le decisioni in merito molto varie. Di fatto i lavoratori continuano a lasciare post e ad assumersi rischi. Allo stesso tempo le politiche aziendali si stanno evolvendo, prevedendo sanzioni disciplinari per le violazioni più ricorrenti, sospensioni per uso inappropriato dei social fino al licenziamento con preavviso per lesioni considerate gravi. Le politiche aziendali devono essere note ai dipendenti e le azioni di contestazione tempestive. Il ritardo e la genericità pesano sull’azienda così come la paternità dei post o degli accessi pesano sul dipendente (è molto difficile per questi addurre che il proprio dispositivo ha subìto un accesso abusivo). Si auspica che nella vita virtuale come in quella reale i toni siano sempre di buon gusto e rivolti ad un dialogo costruttivo.
Ieri l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha emanato una circolare di interpretazione circa il regime sanzionatorio da applicare nei casi di lavoro a chiamata senza la preventiva predisposizione del DVR (Documento di Valutazione Rischi). Il decreto 81/2015 aveva, giustamente, previsto l’impossibilità di ricorrere al lavoro intermittente in assenza del citato documento. In ragione di ciò si potrebbe affermare che un contratto di quel tipo risulti affetto da nullità assoluta, violando il divieto normativo. La circolare, invece, propende per una nullità parziale e la sanzione applicabile è la conversione del contratto in una forma ordinaria di rapporto di lavoro subordinato, a tempo pieno e indeterminato. La circolare insiste sull’adeguatezza della sanzione non solo perché è l’unico mezzo per colpire questi illeciti, ma anche perché ne trae beneficio la stabilità dell’impiego, elemento portante della tutela dei Lavoratori (Corte di Giustizia Europea).
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